Se lavori nel campo del marketing o se ti stai avvicinando a questa materia per capirne meglio i meccanismi avrai sicuramente sentito parlare di e-commerce Growth Hacking, per i social, per le aziende e per altre realtà.
Ma cosa significa questo termine nello specifico e come può essere utile agli specialisti del settore e ai brand?
Ne ho parlato con Omar Bragantini, Growth Manager e stratega digitale, durante una delle mie live (la trovate qui) e ho riportato i punti salienti in questo articolo pieno di spunti, idee e suggerimenti utili.
Growth Hacking: definizione
Growth Hacking è un termine americano un po’ mistico, talvolta abusato e spesso frainteso. In italiano la sua traduzione suonerebbe tipo: Hacker della crescita o pirata della crescita, ma in realtà il Growth Hacking non c’entra nulla con l’hackeraggio o con l’adozione di pratiche poco ortodosse per far crescere un determinato business.
Il Growth Hacking indica, invece, una metodologia di lavoro basata sulla capacità di inventare delle strategie creative e a volte fuori dagli schemi, per ottimizzare i processi e le performance di un’azienda.
Un Growth Manager non segue la regole imposte nel marketing, ne crea di nuove, non applica strategie “preconfezionate” ma, elaborando i dati, cerca di aggiungere a queste degli elementi in più, pensati appositamente per il progetto su cui sta lavorando.
L’obiettivo è quello di portare sempre più in alto l’asticella dei risultati aziendali (e ottenere, magari, anche il tanto sognato ROI – Return on Investment).
Il Growth Hacking, quindi, rappresenta un vero e proprio mindset, un metodo di approccio, che vede la creatività e la sperimentazione come fonti inesauribili di nuove risorse e idee per raggiungere un traguardo.
Growth Hacking Italia
Secondo un articolo di Forbes, già dal 2019 le aziende italiane, proprio come quelle di tutto il mondo, sono alla continua ricerca di Growth Manager. Anche se, spesso, chi cerca non sa come farlo e non sa come farlo perché non ha ben chiaro cosa fa davvero un Growth Manager e in che modo lavora. Molte aziende, poi, pur aprendosi verso queste nuove figure non riescono a garantir loro un ambiente correttamente strutturato in cui lavorare.
Mi spiego meglio: un Growth Manager, proprio per le sue competenze trasversali e per la quantità di dati di cui ha bisogno per elaborare nuove strategie è una figura “mobile”: non segue un unico canale aziendale e non è relegato in un unico dipartimento, ma è libero di spaziare a 360° e di intervenire sui diversi processi siano essi di vendita, di post-vendita, di customer care e così via. Questo metodo richiede una certa elasticità nel modo di lavorare e può trovare una difficile applicazione in aziende ancorate a schemi tradizionali o caratterizzate da un’organizzazione interna lenta che lascia poco spazio alla fluidità delle sperimentazioni, che invece è fondamentale per l’attività di e-commerce Growth Hacking che praticamente si nutre di dati aggiornati e sperimentazioni costanti che possono coinvolgere i settori aziendali più vari.
Growth Hacking Marketing
L’e-commerce Growth Hacking, per store fisici e, in generale, per un brand è quindi strettamente connesso alle strategie di marketing e di web marketing e rappresenta quella strada alternativa, creativa e spesso insolita, che si può percorrere in questi campi per ottenere risultati a volte incredibili.
Però, attenzione: se stai pensando che per diventare un bravo Growth Manager avrai bisogno unicamente di tanta fantasia unita ad occasionali lampi di genio, ti sbagli perché non è così. O meglio è così, ma solo in parte.
Il Growth Hacking è prima di tutto una questione di studio ed elaborazione dei dati.
Ce lo conferma Omar, che ha tracciato in modo orientativo una prima struttura su cui si basa la costruzione di una nuova strategia:
- si parte da un problema da risolvere o da un traguardo da raggiungere;
- si raccolgono quanti più dati possibili (per questo scopo sono uno strumento prezioso cmr aziendali, campagne advertising social, mailing list etc…);
- si studiano in modo approfondito i dati raccolti;
- si elabora la strategia;
- a questo punto parte il testing, monitorando costantemente i risultati.
Testare è fondamentale, perché durante questa fase ogni miglioramento (o peggioramento) può insegnare molto su cosa cambiare, aggiungere o eliminare nel prossimo test per ottenere il risultato desiderato.
Growth Hacking per e-commerce
Lo so, lo so: ti sto riempiendo di nozioni, di panoramiche, di schemi e di tanta teoria.
Ma, tranquillo, adesso che abbiamo gettato le basi arrivano i consigli e i suggerimenti pratici per applicare il Growth Hacking al tuo business.
Per quanto riguarda l’online, sicuramente oltre alla visibilità, alla brand awareness e alla brand reputation alcuni degli obiettivi comuni alle aziende, soprattutto quelle medio-piccole, sono le vendite e l’acquisizione dei nuovi clienti.
Relativamente alla vendita per il lancio di un prodotto o di un servizio nuovo tramite e-commerce quali sono gli errori da evitare in questa fase e quali sono le cose da fare? E come applicare il Growth Hacking ad e-commerce a ad altre piattaforme dedicate alla vendita?
Non pensare di conoscere già tutto sul tuo target.
Spesso un imprenditore non attua determinate strategie (per esempio offerte su pacchetti di prodotti, iscrizioni a liste esclusive ecc..) perché convinto, senza aver mai sperimentato, che il proprio target non apprezzi quelle strategie: non c’è niente di più sbagliato. In questo modo si rischia di escludere strategie di successo, penalizzando il proprio business. Per questo è importante testare soluzioni diversificate e analizzare come risponde il proprio pubblico ad ognuna di esse: i risultati potrebbero stravolgere ogni previsione e pregiudizio e offrire spunti nuovi e vincenti.
Non credere che le persone stiano aspettando il tuo prodotto o servizio
Non basterà semplicemente mettere il tuo prodotto o servizio sul mercato (in vendita nei negozi oppure sul tuo e-commerce) per registrare un boom di vendite. Se non stabilirai una relazione con la tua audience e se non creerai una sorta di Hype (aspettativa) nella fase pre-lancio, difficilmente gli acquisti saranno un successo. Anche questa volta, per costruire un dialogo con il tuo pubblico dovrai provare varie strade: sondaggi dal vivo o virtuali tramite social o e-mail, condivisione di contenuti che generino curiosità e interazioni… sono tante le soluzioni da sperimentare, e scegliere quella giusta sarà anche questa volta una questione di dati.
Lavora sul pricing e su una sorta di co-creazione del prodotto
Come dice Seth Godin: “Non cercare clienti per i tuoi prodotti, cerca prodotti per i tuoi clienti”. Di cosa hanno bisogno i tuoi clienti? Quale caratteristica non può mancare al tuo prodotto o servizio e qual è il prezzo che il tuo pubblico è disposto a spendere?
Stabilire una connessione con il target, raccoglierne i dati e conoscerne le abitudini, ti aiuterà a comprenderlo. Sono questi i dati che dovrai cercare di ottenere, grazie alla tua strategia di Growth Hacking per e-commerce o per vendite in store fisici.
Una volta lanciato il prodotto e cominciate le vendite è opportuno, poi, studiare chi ha comprato, ma soprattutto chi non ha comprato e perché: valuta, ad esempio dei sondaggi in cui fare domande specifiche, le cui risposte potranno essere uno spunto su come migliorare la tua offerta.
Cerca il tool perfetto per la tua strategia
Ormai esistono tool specifici per facilitare più o meno qualsiasi attività, e uno di questi potrebbe facilitare il tuo lavoro o fornirti suggerimenti preziosi. Sta a te capire quale tool utilizzare per costruire la tua strategia. Omar ce ne ha consigliati alcuni tra cui: Funnelytics e Sketchboard, ottimi per ideare schematicamente un funnel e condividerlo con il proprio team; Mailchimp che permette di inviare mail creando landing page; ActiveCampaign ottimo per l’e-mail marketing (perché diventa un vero e proprio crm), ma sostiene che il tool principale resti il proprio cervello.
Crea una community
Questo punto è forse uno di quelli che richiede più lavoro, ma una volta terminate le tue fatiche, se hai lavorato bene, con molta probabilità sarai ben ripagato dai risultati.
Una community è un luogo che raggruppa persone le quali coltivano uno o più interessi comuni (il giardinaggio, uno sport, il make-up e così via) ed è un ottimo strumento di validazione per un brand. Una community può muoversi su diversi canali (un gruppo Facebook o Telegram, una pagina Instagram su cui interagire e da poter taggare nei propri contenuti personali ecc..) ma per funzionare bene deve essere attiva. E affinché sia attiva va stimolata. Per farlo non ci sono limiti e alle strategie da usare (sia online che offline). E non pensare che una community debba necessariamente essere grande, va bene anche di piccole dimensioni purché sia formata da persone che ti seguono perché apprezzano i tuoi valori e parlano di te.
In questo modo, il classico funnel subisce una “rotazione” e si trasforma in un megafono, in cui è il tuo audience a farti pubblicità.
Growth Manager: un ruolo sempre più richiesto
Il ruolo del Growth Manager per e-commerce, per generazione lead o per il lancio di un brand, è sempre più richiesto e tanti professionisti che lavorano nel marketing si chiedono quali siano le skills ideali per rivestire un ruolo del genere o almeno acquisirne la metodologia di lavoro.
Come ci spiega Omar, secondo il suo punto di vista, esistono due livelli di skill, entrambi importanti da possedere.
Le soft skills, che in nel caso del Growth Manager saranno: problem solving, curiosità e essere antifragili ovvero saper trarre sempre un insegnamento, anche dalle situazioni problematiche o fallimentari.
E le hard skills, che riguardano un lato più “tecnico” sono la gestione dei social, la creazione di adv e la lettura e interpretazione dei dati, tirando fuori qualcosa da essi e trasformandoli in azione.
Per finire, sicuramente, una skill deve prevalere su tutte, ovvero il coraggio di testare cose nuove.
Ti piacerebbe portare il Growth Hacking nella tua impresa?
Compila questo breve questionario e ne parleremo insieme.
Che aspetti?! È gratis!